Delibera di Giunta Nazionale
n. 2 del 16 dicembre 2017
La Giunta Nazionale dell’A.I.G.A. – Associazione Italiana Giovani Avvocati – riunitasi in data 16.12.2017 presso la sua Sede di Roma – via Tacito n. 50, in relazione alla legge “sull’equo compenso”:
premesso
– che nei primi dieci mesi del 2017 il tema dell’equo compenso, e della reintroduzione dei minimi tariffari, è stato oggetto di un amplissimo dibattito politico che ha condotto alla proposizione di diversi disegni di legge in materia;
– che al Congresso Ordinario dell’Associazione Italiana Giovani Avvocati, tenutosi a Foggia nei giorni del 26 – 28 ottobre 2017, l’Assemblea ha dato mandato alla Giunta, nel biennio 2017 – 2019, di
perseguire l’obiettivo d’introduzione dell’equo compenso nella professione forense;
– che al primo Consiglio Direttivo Nazionale A.I.G.A. tenutosi a Roma il 25 novembre u.s., la proposta sull’equo compenso è stato oggetto di discussione, in ragione della sua centralità nel dibattito politico in vista dell’approvazione della cd. Legge di Bilancio;
– che in data 06.12.2017 è entrata in vigore la legge 4 dicembre 2017 n. 172, che all’art. 19 quaterdecies, co. 1, reca la disposizione rubricata Introduzione dell’articolo 13 bis della legge 31 dicembre 2012, n.247, in materia di equo compenso per le prestazioni professionali degli avvocati;
valutato
– che il principio informatore dell’impianto normativo è quello di tutelare il Professionista, individuato come contraente debole, affinché nel rendere le proprie prestazioni professionali si veda corrisposto un compenso equo, proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, nonché al contenuto e alle caratteristiche della prestazione legale;
– che il co. 5 dell’art. 13 bis legge n. 247/2012 elenca le clausole che il Legislatore considera vessatorie salvo che siano state oggetto di specifica trattativa e approvazione;
– che la norma, indipendentemente dalla specifica approvazione, considera vessatorie le clausole di cui al co. 5 lettere a) e c);
– che, tenuto conto della vessatorietà della clausola di cui al co. 5 lettera c) – con la quale si attribuisce al Cliente la facoltà di pretendere prestazioni aggiuntive che l’avvocato deve eseguire a titolo gratuito – nel rispetto della ratio legis è opportuno considerare altresì vessatorie, indipendentemente dalla specifica trattativa e approvazione, anche altre clausole elencate nell’art 13 bis co. 5;
– che anche le clausole di cui al co. 5 lettere e), g), h) devono considerarsi vessatorie indipendentemente da una specifica trattativa e approvazione;
considerato
– che il dibattito acceso sul tema e l’accelerazione impressa dal Governo, attestata dall’introduzione di un’apposita norma inserita nella cd. Legge di Bilancio, impongono una rapida presa di posizione a tutela degli interessi della giovane Avvocatura la quale, chiaramente, è attualmente gravemente penalizzata dalle norme che caratterizzano il sistema vigente;
– che, in particolare: (I) la clausola di cui al co. 5 lettera e) relativa alla previsione di clausole che impongono all’avvocato la rinuncia al rimborso delle spese direttamente connesse alla prestazione
dell’attività professionale oggetto della convenzione; (II) la clausola di cui al co. 5 lettera g), relativa alla previsione che, in ipotesi di liquidazione delle spese di lite in favore del cliente, all’avvocato sia riconosciuto solo il minore importo previsto nella convenzione, anche nel caso in cui le spese liquidate siano state interamente o parzialmente corrisposte o recuperate dalla parte; (III) la clausola di cui al co. 5 lettera h), relativa alla previsione che, in ipotesi di nuova convenzione sostitutiva di altra precedentemente stipulata con il medesimo cliente, la nuova disciplina sui compensi si applichi, se comporta compensi inferiori a quelli previsti nella precedente convenzione, anche agli incarichi pendenti o, comunque, non ancora definiti o fatturati si concretano tutte, di fatto, in una violazione del principio di proporzionalità rispetto alla quantità e qualità del lavoro svolto, alterando le caratteristiche della prestazione legale che invece la norma approvata – con particolare riferimento alla clausola di cui al co. 5 lettera c) relativa alle prestazioni gratuite – si propone di tutelare e salvaguardare, nonché con particolare riferimento alla clausola di cui al co. 5 lettera g) si genererebbe di fatto un’ipotesi di ingiustificato arricchimento in favore del Cliente;
– che il co. 9 dell’art. 13 bis legge n. 247/2012 stabilisce che l’azione diretta alla dichiarazione della nullità di una o più clausole delle convenzioni di cui al comma 1 è proposta, a pena di decadenza, entro ventiquattro mesi dalla data di sottoscrizione delle convenzioni medesime.
– che detta norma, in relazione all’esigenza che con essa si vuole salvaguardare, appare irragionevole sia rispetto alla normale durata degli incarichi conferiti ed alla possibile ritardata insorgenza delle situazioni comportanti le ipotesi di vessatorietà delle clausole, sia rispetto alle norme del codice civile che lo stesso co. 11 della citata disposizione richiama, stabilendo che per quanto non previsto dal presente articolo, alle convenzioni di cui al comma 1 si applicano le disposizioni del codice civile;
– che, da ultimo, il co. 10 della citata disposizione stabilisce che il giudice, accertate la non equità del compenso e la vessatorietà di una clausola a norma dei commi 4, 5 e 6 del presente articolo, dichiara la nullità della clausola e determina il compenso dell’avvocato tenendo conto dei parametri previsti dal regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia adottato ai sensi dell’articolo 13, comma 6;
– che infine il co. 3 della citata disposizione stabilisce che la pubblica amministrazione, in attuazione dei principi di trasparenza, buon andamento ed efficacia delle proprie attività, garantisce il principio dell’equo compenso in relazione alle prestazioni rese dai professionisti in esecuzione di incarichi conferiti dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto;
ritenuto
– che, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1421 e 1422 c.c., l’azione di nullità di un contratto è imprescrittibile e può essere rilevata d’ufficio dal Giudice, di talché si ritiene essere in linea con
l’impianto normativo e con le stesse norme del codice civile, far decorrere il termine di decadenza per l’esperimento dell’azione di nullità dal termine del mandato;
– che appare preferibile stabilire con ragionevole certezza il criterio con il quale il giudice procede alla determinazione dell’equo compenso;
– che, nel rispetto del principio informatore che ha animato il Legislatore, è preferibile estendere l’equo compenso, cui giustamente anche la Pubblica Amministrazione deve uniformarsi, ad ogni rapporto professionale con la stessa Pubblica Amministrazione;
– che l’Ufficio per i rapporti col Parlamento e le Istituzioni di A.I.G.A. ha predisposto un emendamento che risponde alle esigenze evidenziate nel dibattito congressuale e nel successivo Consiglio Direttivo Nazionale A.I.G.A. di Roma;
tanto sopra premesso, valutato, ritenuto, considerato, la Giunta Nazionale
delibera
di trasmettere la proposta di emendamento suddetta ai referenti dei partiti politici presso la Commissione Bilancio, affinché possa essere recepita per modificare il testo di legge sull’equo compenso attualmente in discussione.
Roma, 16 dicembre 2017
Il Segretario Antonio De Angelis
Il Presidente Alberto Vermiglio