Delibera di Giunta Nazionale n. 5 del 16 marzo 2018
La Giunta Nazionale dell’AIGA – Associazione Italiana Giovani Avvocati
– riunitasi in data 16 marzo 2018 presso la sua sede di Roma – via Tacito n. 50, con riferimento agli ultimi appalti di servizi legali da parte delle PP.AA.
Premesso
– che da tempo l’Associazione Italiana Giovani Avvocati è impegnata a verificare che i conferimenti d’incarichi di assistenza, rappresentanza e difesa in giudizio da parte delle Pubbliche Amministrazioni non siano lesivi per la giovane avvocatura e non si pongano in contrasto con la normativa di riferimento in materia di affidamento di appalti e contratti pubblici;
– che tale ultima normativa è stata oggetto di riforma ad opera del Decreto Legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (d’ora innanzi Codice), il quale è intervenuto anche in punto di affidamento dei servizi legali, da parte delle Pubbliche Amministrazioni, ad Avvocati del libero Foro, ed in particolare, l’art. 17, comma 1, lett. d) del Codice ha assimilato il conferimento di alcune tipologie di servizi legali (incarichi di patrocinio in giudizio, consulenza “pregiudiziale” comunque collegabile ad un giudizio futuro e/o alla prospettiva di instaurazione di un giudizio futuro ed incarichi comunque connessi all’esercizio di pubblici poteri) all’appalto od alla concessione di servizi, ma ne ha disposto l’esclusione dall’ambito di applicazione delle procedure di affidamento di detti appalti e concessioni, disciplinate dal Codice stesso;
– che, tuttavia, il medesimo Codice impone, all’art. 4, che gli affidamenti di servizi esclusi dall’ambito di applicazione delle procedure dallo stesso disciplinate debbano, in ogni caso, rispettare i principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità e pubblicità;
– che l’affidamento dei servizi legali, diversi da quelli elencati all’art. 17 comma 1 lett. d) del Codice, e specificamente individuati all’Allegato IX del Codice stesso, è invece rimesso a procedure di
affidamento semplificate disciplinate dagli artt. 140, 142, 143 e 144 del Codice;
– che l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) ha già espresso alcuni orientamenti d’indirizzo per l’applicazione dei suddetti principi (per quanto riguarda i servizi legali di cui all’art. 17 comma 1 lett. d)) e procedure (per quanto riguarda invece i servizi legali di cui all’Allegato IX) ed approverà, sul punto, specifiche “Linee Guida”;
– che ai fini dell’affidamento di servizi legali da parte delle PP.AA. assume rilievo anche la Legge 27 dicembre 2017, n. 205 (c.d. Legge di Bilancio 2018), recentemente intervenuta (commi 487 e 488) in materia di equo compenso, confermando la necessità che il compenso pattuito non leda il decoro della professione, come riconosciuto dalla stessa giurisprudenza (Cass., sez. VI, ordinanza n. 24492/2016);
– che, in relazione a tale ultimo punto, il d.m. 8 marzo 2018 n. 37 ha reintrodotto il principio di inderogabilità dei compensi minimi individuati dal d.m. n. 55/2014, e che la Relazione introduttiva e
quella tecnica al Disegno di legge A.C. 4631 intitolato “Disposizioni in materia di equo compenso e clausole vessatorie nel settore delle prestazioni legali”, oltreché la relativa Analisi tecnico-normativa hanno rilevato l’opportunità di tutelare maggiormente il professionista legale rispetto a clienti c.d. “forti” in grado di imporre condizioni di ingaggio irragionevolmente sfavorevoli sotto il profilo economico e distorsive della concorrenza in ambito professionale;
– che la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (2000/C 364) tutela all’art. 15 il lavoro professionale valorizzandone, per quanto di sua competenza, l’esercizio a condizioni eque.
Valutato
– che, come confermato negli orientamenti d’indirizzo espressi dall’ANAC con specifico riferimento all’applicazione dei principi di cui all’art. 4 del Codice per l’affidamento dei servizi legali elencati all’art. 17 comma 1 lett. d) del Codice stesso:
1) il principio di economicità comporta che “il risparmio di spesa non dovrebbe essere il criterio di guida nella scelta che deve compiere l’amministrazione” ma che, “tuttavia, […] implica la necessità di tener conto dell’entità della spesa”, con la conseguenza che il compenso può essere pattuito (e giustificato) sulla base della spesa sostenuta per precedenti analoghi incarichi, ovvero utilizzando i parametri individuati nel d.m. n. 55/2014;
2) il principio di parità di trattamento “richiede che gli operatori si trovino in una situazione di “eguaglianza formale”, ossia di reciproca parità rispetto al modulo procedimentale seguito dalla stazione appaltante”, con le conseguenze (i) che qualsiasi vantaggio ingiustificato per uno, o solamente alcuni, dei concorrenti, dev’essere escluso, (ii) che i criteri di selezione non devono essere discriminatori e (iii) che gli ostacoli alla presentazione di offerte ed alla loro valutazione dev’essere eliminata;
3) il principio di proporzionalità, secondo il quale l’azione amministrativa dev’essere sempre idonea ed adeguata alle finalità dello specifico incarico da affidare, “impone di formulare requisiti di partecipazione proporzionati all’oggetto ed al valore dell’appalto” e di espletare procedure di selezione dell’incaricato di complessità proporzionata alla tipologia ed al valore del servizio che si intende affidare;
4) il principio di trasparenza impone che tutti i concorrenti abbiano piena cognizione delle scelte operate dall’Amministrazione prima, durante ed all’esito della procedura, al fine di consentire il
controllo sull’imparzialità dell’Amministrazione stessa;
– che la Corte Costituzionale italiana ha avuto modo di affermare nella sentenza n. 407/2007 in materia di tutela della concorrenza nei contratti pubblici l’imperativo “di assicurare l’adozione di uniformi procedure di evidenza pubblica nella scelta del contraente, idonee a garantire, in particolare, il rispetto dei principi di parità di trattamento, di non discriminazione, di proporzionalità e di trasparenza” precisando che “[s]ul piano interno, l’osservanza di tali principi costituisce, tra l’altro, attuazione delle stesse regole costituzionali della imparzialità e del buon andamento, che devono guidare l’azione della pubblica amministrazione ai sensi dell’art. 97 Cost. e che “sia stata proprio l’esigenza di uniformare la normativa interna a quella comunitaria, sul piano della disciplina del procedimento di scelta del contraente, che ha determinato il definitivo superamento della cosiddetta concezione contabilistica, che qualificava tale normativa interna come posta esclusivamente nell’interesse dell’amministrazione, anche ai fini della corretta formazione della sua volontà negoziale”.
Considerato
– che ai fini dell’affidamento dei servizi legali di cui in premesse vengono sempre più comunemente effettuate, dalle PP.AA., procedure volte alla previa predisposizione di elenchi / short list di avvocati tra i quali, poi, individuare selettivamente l’incaricato al momento dell’affidamento del servizio;
– che tanto gli atti indittivi di tali procedure volte alla formazione di short list, quanto più in generale la selezione del professionista cui affidare servizi legali inclusi nell’elenco di cui all’art. 17 comma 1 lett. d), si pongono in contrasto con i principi poc’anzi illustrati (e confermati dall’ANAC) ledendo ingiustamente ed ingiustificatamente la giovane avvocatura, laddove prevedano:
1) quale requisito di partecipazione alla procedura selettiva e/o di idoneità, l’iscrizione all’Albo Speciale per il patrocinio innanzi alle Giurisdizioni superiori, allorquando l’affidamento del servizio legale non abbia ad oggetto esclusivamente il patrocinio innanzi a tali Giurisdizioni;
2) quale requisito di partecipazione alla procedura selettiva e/o di idoneità l’aver assunto un determinato numero (soprattutto se elevato) di precedenti incarichi di difesa presso specifici enti
pubblici e non, genericamente, incarichi relativi alla specifica materia oggetto dell’incarico;
3) che ai fini del conteggio di cui al punto precedente, il patrocinio in diversi gradi del medesimo giudizio valga come un unico incarico di difesa;
4) che ai fini del conteggio di cui punto 2 debba essere indicato (e valutato) anche l’esito del giudizio precedentemente patrocinato, attribuendo rilevanza, nelle valutazioni per l’affidamento dell’incarico, alla presenza di un pregresso contenzioso che si è concluso con esito positivo per l’amministrazione, e ciò nonostante tale esito non sempre dipenda, come noto, dalla diligenza e competenza del professionista;
5) quale requisito di partecipazione alla procedura selettiva e/o di idoneità, l’essere in possesso di una polizza di assicurazione da responsabilità civile professionale con massimali sproporzionati;
6) l’abbattimento dei compensi al di sotto dei cc.dd. “minimi” individuati dal D.M. n. 55/2014;
7) che numerosi Ordini forensi hanno già assunto formalmente posizioni critiche relativamente a taluni bandi selettivi per l’affidamento di servizi legali da parte di PP.AA.;
8) che, tuttavia, si registrano anche esperienze di bandi che tendono a valorizzare la giovane avvocatura ai fini del conferimento di incarichi di difesa, incentivando, a parità di altri requisiti, l’attribuzione di incarichi ai giovani avvocati.
Ritenuto
– che la deroga ai parametri ministeriali, la richiesta dimostrazione del precedente affidamento di diversi incarichi da parte della stessa amministrazione nonché il requisito dell’abilitazione presso le giurisdizioni superiori quando l’incarico non contempli un tale grado di giudizio, o quello del possesso di polizze assicurative R.C. professionali con massimali proibitivi, non solo non corrispondono ad interessi meritevoli di tutela per la Pubblica Amministrazione ma contrastano con i principi espressi dal Codice degli Appalti e ledano ingiustamente ed ingiustificatamente la giovane avvocatura, la cui valorizzazione e promozione è, invece, meritevole di tutela.
Tanto sopra premesso, valutato, ritenuto e considerato, la Giunta Nazionale
delibera
1) di effettuare una periodica ricognizione a livello nazionale dei bandi per la formazione di short list di Avvocati del libero Foro e, più in generale, per l’affidamento di servizi legali, che, prevedendo i requisiti, sopra illustrati, di ammissione, idoneità, selezione o predeterminazione dei compensi, si ponessero in contrasto con i principi sanciti dal Codice degli Appalti;
2) di segnalare, sulla base di quanto rilevato, al Consiglio Nazionale Forense ed al Ministero della Giustizia gli eventuali bandi individuati come lesivi di tali principi;
Roma, 16 marzo 2018
Il Presidente