Non è un caso isolato nel vasto panorama dei “servizi legali” richiesti dalle pubbliche amministrazioni, l’avviso pubblico indetto dalla direzione regionale lombarda dell’INAIL.
Dietro apparenti ragioni di carenza di organico, si sollevano i dipendenti delle avvocature degli enti dall’onere di partecipare alle udienze e si “esternalizza” il servizio legale con compensi irrisori e mortificanti.
Riconoscere ad un “avvocato” (perché è questo il “servizio” che Inail Lombardia intende affidare all’esterno) per la partecipazione alle udienze giornaliere pochi euro (15/30 euro), rivela il diffuso sentimento di insofferenza (o meglio di irriverenza) nutrito – specialmente da qualche burocrate – verso i luoghi dove la Giustizia è esercitata nel nome del popolo italiano!
E’ nelle aule dei Tribunali e davanti ai Giudici che l’avvocato svolge la Sua funzione più alta.
Garantire il diritto di difesa dei cittadini scolpito nell’art. 24 della Costituzione: la Costituzione affida all’avvocato autonomo e indipendente la tutela di un diritto inviolabile, quello di difesa dei diritti.
Laddove l’avvocato decide di esercitare gratuitamente, lo deve poter fare per una scelta realmente libera e giammai per essere ridotto alla questua.
Solo in questa ottica interpretativa si può condividere la pronuncia del Tar del Lazio (cfr. sentenza 11411/2019) secondo cui “Nulla impedisce al professionista, senza incorrere in alcuna violazione, neppure del Codice deontologico, di prestare gratuitamente la propria consulenza; laddove, invece, il compenso in denaro sia stabilito, esso non può che essere equo”.
Nell’attuale quadro normativo, infatti, quando il cliente è un contraente forte (qual è una pubblica amministrazione) la pattuizione del compenso professionale incontra il limite del rispetto del principio dell’equo compenso, ovvero, del compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto e al contenuto della prestazione svolta (si veda, TAR Marche 9/12/2019 n. 761).
Nei servizi legali le stesse Linee Guida dell’Anac prescrivono “l’equità del compenso, nel rispetto dei parametri stabiliti da ultimo con decreto ministeriale 8 marzo 2018, n. 37”: in particolare nei servizi legali, infatti, il risparmio di spesa non può essere il criterio che guida le scelte dell’amministrazione.
In questi momenti così difficili non rimane che affidarsi all’insegnamento “senza tempo” di un celebre Bresciano (Zanardelli) che scriveva “l’avvocatura non può dirsi essere solo una professione ma è un’istituzione che si lega con vincoli invisibili a tutto l’ordinamento politico e sociale” (Zanardelli, L’avvocatura, Discorsi).
La direzione regionale dell’Inail Lombardia ovviamente ignora questo!
L’AIGA, pertanto solleciterà i nuclei territoriali di monitoraggio sull’equo compenso a segnalare al Ministro della Giustizia l’ennesimo attacco alla dignità e al decoro della professione portato avanti dalla pubblica amministrazione.