COMUNICATO STAMPA
4 agosto 2016
DDL 2067 – Riforma del processo penale
Su prescrizione e intercettazioni il Governo perde un’occasione storica
Si ascolti la voce degli studiosi del processo penale
Sembrerebbe oramai prossimo al traguardo il travagliato iter parlamentare finalizzato ad una organica riforma del codice penale e del codice di procedura penale. Le modifiche apportate dalla Commissione Giustizia del Senato al testo del DDL 2067 precedentemente licenziato alla Camera non possono però ritenersi soddisfacenti.
Se è vero che il testo contiene alcuni miglioramenti (eliminazione della esposizione introduttiva del PM, necessità che l’elezione di domicilio sia accettata dal dife nsore d’ufficio, soppressione del vaglio di ammissibilità delle impugnazioni da parte del Giudice a quo), è altrettanto vero che sono rimaste sostanzialmente immutate le criticità già evidenziate rispetto ai punti centrali della riforma, ovvero quelli sui cui si può misurare la sua reale vocazione.
Estremamente negativo non può che essere infatti il giudizio complessivo in ordine:
– al generale inasprimento delle pene previsto dalla nuove disposizioni per alcune tipologia di reato; inasprimento che nulla aggiunge in termini di effettività della tutela penale ma che sembra piuttosto ispirato dall’ansia di risposta (quale che sia) dell’opinione pubblica rispetto a fatti di indubbia rilevanza sociale.
– alla nuova disciplina sulla prescrizione, la quale prevede da un lato un aumento del periodo massimo di interruzione per particolari categorie di reati (art. 10) e, dall’altro, lunghissimi periodi di sospensione (art. 8) in pendenza dei giudizi di impugnazione, non tenendosi invece in considerazione che lo Stato deve assicurare la definizione del processo entro termini “ragionevoli” e che non è possibile legittimare attraverso un simile combinato disposto pendenze giudiziarie potenzialmente sine die.
– alle disposizioni in tema di “partecipazione a distanza” al processo, con riferimento alle quali palese appare il contrasto con princìpi di rango costituzionale e sovranazionale: su tutti, quelli sanciti dall’art. 6 della Convenzionale Europea dei Diritti dell’Uomo;
– alla delega al Governo in materia di riforma delle intercettazioni, la quale – pur animata dalla apprezzabile finalità di tutelare maggiormente la riservatezza e la dignità della persone coinvolte dall’attività di indagine –attribuisce in via esclusiva al Pubblico Ministero il potere si selezionare il materiale ritenuto rilevante ai fini delle indagini, confinando l’attività difensiva di ricerca della prova dell’innocenza negli angusti (e spesso concretamente insormontabili) limiti del mero ascolto presso gli archivi della Procura, senza diritto di estrazione di copia (art 35 lett. a n. 2).
Alla luce delle presenti brevi considerazioni, e confidando comunque in una rivisitazione complessiva della riforma, la sensazione è che il Governo stia perdendo un’occasione storica per riformare in maniera organica il processo penale senza perdere di vista i princìpi generali del giusto processo e le esigenze di salvaguardia delle prerogative difensive, rispetto alle quali non si ritiene possibile alcuna soluzione di compromesso.
Sarebbe il caso di ascoltare la forte voce di protesta dei più autorevoli studiosi del processo penale.