AIGA Nazionale ed AIGA Novara promuovono per il giorno 1° dicembre 2020 un’iniziativa dal titolo arringhe in difesa di Ahmadreza Djalali, nelle quali simbolicamente verranno svolte da avvocati di tutta Italia quelle difese a cui il ricercatore Irano – Svedese non ha avuto diritto.
L’iniziativa segue la lettera inviata al Ministero degli Esteri per chiedere un intervento sulla vicenda in difesa dei diritti costituzionali alla tutela dei diritti inviolabili dell’uomo, al giusto processo e contro la pena di morte, ritenuta dall’ordinamento come trattamento contrario al senso di umanità (Artt. 2, 24, 27 e 111 Cost), che l’Italia ha ritenuto di difendere anche in campo internazionale con la sottoscrizione della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, approvata dall’Onu il 10 dicembre 1948, e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (Carta di Nizza) del 7 dicembre 2000
Ahmadreza Djalali è stato “cittadino d’adozione” di Novara, in quanto era ricercatore di medicina dei disastri presso la sede novarese dell’Università del Piemonte Orientale.
Secondo quanto riportato ad Amnesty International (che segue da parecchio tempo il caso) da Vida Mehrannia, moglie del ricercatore, dopo una telefonata durata poco più di due minuti, Ahmadreza è stato trasferito in isolamento nella prigione di Raja’i Shahr a Karaj e sarà presto eseguita la sentenza capitale pronunciata nei suoi confronti.
Come riportato da Amnesty International, Ahmadreza Djalali è stato condannato a morte e a pagare 200.000 euro di multa per “corruzione sulla terra” (efsad-e fel-arz) dopo un processo senza alcuna garanzia di difesa davanti alla sezione 15 della Corte Rivoluzionaria di Teheran.
Il 21 ottobre 2017 il tribunale iraniano ha emesso il suo verdetto ritendendolo di essere stato spia per Israele nel 2000. La sentenza è stata letta, senza essere mai stata consegnata ai difensori in copia, di fronte ad uno solo degli avvocati, violando anche sotto questo profilo il suo diritto all’impugnazione della sentenza.
Ahmadreza Djalali, che ha insegnato all’università oltre che in Italia anche in Belgio e Svezia, era in viaggio d’affari in Iran quando è stato arrestato dai funzionari del Ministero dell’Intelligence nell’aprile del 2016.
Dopo il suo arresto è stato tenuto in un luogo segreto, ignoto anche alla famiglia prima di essere trasferito alla sezione 209 della prigione Evin di Teheran, dove è stato detenuto per sette mesi, tre in isolamento. Successivamente è stato spostato nella sezione 7 del carcere di Evin.
Il ricercatore ha affermato che, mentre era in isolamento, gli è stato negato l’accesso ad un avvocato ed è stato costretto a fare “confessioni” davanti a una videocamera leggendo dichiarazioni pre-scritte dai suoi interrogatori. Ha detto inoltre di essere stato sottoposto a forti pressioni, torturato e maltratto, anche con minacce di morte, rivolte anche verso i figli che vivono in Svezia e la sua anziana madre ancora in Iran, al fine di fargli “confessare” di essere una spia.
Ahmadreza Djalali ha sempre negato le accuse a suo carico e ha da sempre sostenuto che siano state fabbricate dalle autorità. In una delle poche lettere che è riuscito a mandare dal carcere di Ervin nell’agosto del 2017 afferma che sono state le autorità iraniane nel 2014 a chiedergli di “collaborare con loro per identificare e raccogliere informazioni provenienti dagli Stati dell’Ue.
La sua risposta è stata “no” e ha detto loro: “sono solo uno scienziato, non una spia”.
Il 24 ottobre 2017, durante la sua conferenza stampa settimanale con i giornalisti, il procuratore generale di Teheran, Abbas Ja’fari Dolat Abadi, ha affermato senza specificare il nome di Ahmadreza Djalali, che “l’imputato” aveva tenuto diversi incontri con l’agenzia di intelligence israeliana Mossad e che forniva loro informazioni sensibili su siti militari e nucleari iraniani in cambio di soldi e della residenza in Svezia.
Commenta Antonio De Angelis Presidente Nazionale AIGA: “Non possiamo rimanere fermi di fronte ad una vicenda del genere. Ad Ahmadreza Djalali sono stati negati quei più elementari diritti di difesa, che regolano qualsiasi processo che si voglia definire giusto, primo fra tutti quello di poter essere effettivamente difeso da un avvocato. AIGA ci tiene a ribadire inoltre con forza la propria più grande contrarietà alla pena di morte che rappresenta a tutti gli effetti una barbarie di stato, ed invita i colleghi a partecipare alla manifestazione del 1°dicembre per difendere questi diritti e continuare a tenere accesa l’attenzione dell’opinione pubblica per ottenere il rilascio di Ahmadreza”.
Alessio Cerniglia Presidente di AIGA Novara, luogo in cui ha vissuto Ahmadreza, precisa “I giovani avvocati novaresi, sono vicini in questo momento così difficile alla famiglia di Ahmadreza Djalali, nostro concittadino d’adozione.
Non possiamo dimenticare oggi inoltre la testimonianza di questo ricercatore, che da uomo libero, in nome della scienza, si è rifiutato di cedere alle pressioni del governo iraniano, per effettuare operazioni di “intelligence” che in coscienza riteneva di non dover fare. Ci auguriamo che il Ministero degli Esteri voglia prendere posizione sulla vicenda di questo nostro “concittadino”, poiché rappresenta una chiara violazione della dichiarazione universale dei diritti umani che uno stato democratico qual è l’Italia non può accettare. Invitiamo i colleghi a voler partecipare alla maratona oratoria del prossimo 1° dicembre, per fare simbolicamente quelle arringhe difensive alle quali Ahmadreza non ha avuto diritto”